martedì 13 dicembre 2011

la casta degli agricoltori

lobby agricola, terra, giovani agricoltoriFino ad ora si è parlato della casta degli avvocati, dei notai, dei farmacisti ecc. ma in Italia esiste una casta altrettanto forte e potente quella degli agricoltori.
Un giovane che vuole dedicarsi al mondo agricolo si trova di fronte un muro quasi insormontabile trovare il terreno.  
Di terrà agricola c’è né sempre meno e soprattutto quella presente e saldamente nelle mani degli attuali agricoltori che non la vendono per un semplice motivo: tutti gli aiuti di Stato, Regione , Unione Europea si basano sulla quantità di terra che si possiede più ettari si possiede più incentivi si prendono.
In questo modo si continua a finanziare chi ha già una attività e non di certo chi inizia .
In questi  giorni il Ministero delle politiche agricole ha prospettato l’ipotesi di promuovere l’iniziativa di affidare, in gestione pluriennale, a giovani agricoltori le terre demaniali coltivabili. 
L’organizzazione nazionale al servizio delle imprese agricole espressione di Uniagronomi, Confcooperative e imprenditori agromeccanici, UNICAA, non poteva che accogliere con positività quest’iniziativa. “Per ora il progetto non è ancora operativo – spiega il presidente di UNICAA, Giambattista Merigo – in quanto il ministero è ancora nella fase della ricognizione preventiva delle terre demaniali coltivabili. Tuttavia, registriamo con soddisfazione questo primo passo che denota attenzione verso una categoria, quella deigiovani agricoltori, degna della massima tutela in vista di un futuro competitivo per l’agricoltura del nostro Paese”.
 Secondo UNICAA le terre demaniali utilizzabili a questo scopo sono stimabili complessivamente in circa unmilione di ettari, oltre ad un quantitativo altrettanto ingente di boschi demaniali e terreni marginali comunque utilizzabili per produzioni minori e forme di agricoltura multifunzionale.
Oggigiorno i giovani titolari di un’impresa agricola sono sempre meno. Secondo i dati dell’Osservatorio Economico di UNICAA, l’Italia è al terz’ultimo posto in Europa per numero di giovani agricoltori: stanno peggio solo Portogallo e Grecia.“Il settore sta invecchiando e le difficoltà collegate all’investimento iniziale scoraggiano l’ingresso delle nuove leve”, spiega Merigo.
I titolari di impresa agricola con meno di 35 anni in Italia sono poco più del 3% del totale, percentuale più bassa che nella maggior parte degli altri settori dell’economia. Tra le principali cause di questo processo di senilizzazione in atto da tempo nel settore primario è da ricordare l’esistenza di barriere troppo alte all’ingresso di nuove leve in agricoltura.
Il costo dei terreni è spesso proibitivo, come le licenze per iniziare l’attività e i mercati dall’andamento spesso incerto. Tutto ciò spesso scoraggia chi vorrebbe avviare un’attività agricola.
L’auspicio è che la recente iniziativa ministeriale possa essere inserita in un pacchetto di misure ad hoc studiate per stimolare l’insediamento giovanile e, con esso, la competitività stessa dell’intero settore agricolo. Oltre ai terreni del demanio, UNICAA ricorda infine l’esistenza di diversi enti pubblici e fondazioni che detengono quantitativi ingenti di terreno ad uso agricolo. Occorrerebbe studiare – conclude Merigo – una legislazione incentivante che faccia sì che questi terreni, poco valorizzati, siano messi prioritariamente a disposizione di giovani agricoltori o aspiranti tali a condizioni più agevolate. L’intervento di giovani motivati e dotati di progetti di sviluppo a lungo termine costituirebbe la miglior garanzia di un uso corretto e sostenibile di queste proprietà.


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mercoledì 14 settembre 2011

nuovi agricoltori in vacanza


vacanza, agricoltura

L'estate è arrivata, e se c'è ancora qualcuno che medita su come trascorrere le vacanze... il turismo sostenibile rappresenta un'alternativa alla solita settimana in villaggio, con proposte che spaziano dalle vacanze lavoro in aziende agricole biologiche, all'esperienza in ecovillaggi.



In ogni caso lo scopo è poter assaporare il gusto di una vita 100% naturale, di un turismo eco davvero a contatto con la natura.
In particolare, se state cercando una vacanza diversa dal solito, imparando a conoscere da vicino la vita di campagna, una vacanza lavoro potrebbe fare al caso vostro… non spaventavi, nessuno vi sfrutterà allo sfinimento!
Potete trovare la vacanza lavoro adatta a voi su WWOOF, un’associazione nata nel Regno Unito circa 35 anni fa allo scopo di organizzare scambi nazionali e internazionali di volontari interessati a conoscere l’agricoltura biologica e biodinamica come scelta di vita. Da allora l’organizzazione è cresciuta moltissimo, creando una fitta rete di hosts in molti altri paesi del mondo, fra cui anche l’Italia, con sede nazionale a Castagneto Carducci, in provincia di Livorno.

Come funziona? Nello scambio sia le aziende agricole ospitanti che i volontari ci guadagnano: infatti, se da una parte le prime possono usufruire di forza lavoro altamente motivata a costo zero (i volontari non vengono pagati per le ore di servizio prestate), dall’altra gli ospiti non solo hanno la possibilità di apprendere letteralmente “sul campo” le tecniche di produzione naturale a basso impatto ambientale, ma usufruiscono anche di vitto e alloggio gratuiti.
Partecipare al lavoro quotidiano delle fattorie non solo è educativo e salutare (i volontari trascorrono intere giornate all’aria aperta e possono gustare le deliziose produzioni biologiche dell’azienda…), ma quasi a costo zero! L’associazione chiede infatti una quota simbolica annuale d’iscrizione, dopodiché basterà scegliere dal lungo elenco di associati la fattoria preferita, contattarne il referente e accordarsi per il periodo di permanenza sul luogo.
Ogni fattoria ha qualcosa di diverso da offrire, perciò è giusto che vi prendiate un po’ di tempo per riflettere su cosa vi interessa veramente, non solo al fine di rendere la vostra esperienza il più possibile rispondente alle vostre aspettative, ma anche per valorizzare al meglio le conoscenze e la passione di coloro che vi ospiteranno.

Ricordatevi che l’azienda ospitante vi richiederà una collaborazione seria e impegnativa, e si aspetteranno di vedere in voi un interesse generale nell’attività da loro svolta e nel loro modo di vivere! La più importante qualità di un Wwoofers è quella di potersi inserire e di adeguarsi a tutte le diverse attività che si svolgono nelle varie fattorie. A questo punto, se pensate che il progetto Wwoof possa fare al caso vostro, non vi resta che iscrivervi e scegliere la destinazione preferita.
Altra possibilità per chi volesse vivere un’esperienza vacanziera a contatto con la natura, ma in un’ottica leggermente diversa dalla precedente, è quella degli ecovillaggi.
Cosa sono questi “ecovillaggi”? Si tratta, come dice la parola stessa, di villaggi ecologici
, ovvero piccoli insediamenti in cui vivono persone che hanno deciso di provare a ridurre il loro impatto ambientale attraverso eco-tecnologie sostenibili e con strutture sociali partecipative. Sono dei veri e propri laboratori umani di ricerca e sperimentazione i cui membri pensano e dimostrano che un mondo diverso è possibile da subito.
Negli ecovillaggi si trovano normalmente alcune o tutte le seguenti attività: sviluppo dell’economia locale, economie cooperative sociali, insediamento di comunità, processo decisionale partecipato, risoluzione dei conflitti, educazione olistica, agricoltura biologica, principi di permacultura, costruzioni ecologiche, sistemi di energia rinnovabile e riduzione degli sprechi.

Vi ho incuriosito? Volete provare ad avvicinarvi al mondo degli ecovillaggi? Allora avete tre possibilità. La prima è quella di contattare le strutture che hanno dato la loro disponibilità ad ospitare visitatori esterni dietro il pagamento di piccole somme di denaro; la seconda è quella di partecipare attivamente alla vita della comunità come volontari per brevi periodi; la terza consiste nella partecipazione a eventi specifici organizzati per diffondere informazioni sulle attività degli insediamenti.
L’associazione di riferimento è la Gen-Europe, Global Ecovillage Network, un network di ecovillaggi che vanno dall’Europa, all’Africa, fino al Medio Oriente. Le sue attività vanno dalla promozione del movimento attraverso pubblicazioni periodiche, al finanziamento di percorsi educativi all’interno dei villaggi membri, alla progettazione di corsi e seminari nelle università e nelle scuole, fino alla partecipazione a conferenze ed eventi per diffondere l’esperienza da loro portata avanti tra il grande pubblico e nel mondo politico.


lunedì 1 agosto 2011

Agricoltore: sposo ideale


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Sei genitori su dieci (59 per cento) sarebbero contenti se la propria figlia sposasse un agricoltore. E’ quanto emerge dal primo Rapporto “Gli Italiani e l’agricoltura - La qualità del cibo e la qualità della vita”, realizzato da Ipr marketing per l’incontro promosso da Coldiretti/Univerde “La nuova agricoltura italiana a 10 anni dalla riforma”. Una posizione avvalorata dal fatto che il 72 per cento degli italiani pensa che gli agricoltori svolgano un ruolo positivo nella tutela dell’ambiente, conservando vive le tradizioni, impedendo la cementificazione, facendo manutenzione del territorio, coltivando cibo biologico e dando lavoro. A dimostrarlo, il fatto che il settore primario ha visto nel 2010 un aumento dell’occupazione (+1,9 per cento) in controtendenza con l’andamento generale che ha fatto segnare, invece, un calo dello 0,7 per cento. La metà degli italiani (50 per cento) - sottolinea la Coldiretti - associa la campagna a sensazioni di salute e benessere, mentre un altro 33 per cento la abbina idealmente al relax. Solo il 6 per cento pensa che nel verde ci si annoi, e appena l’uno per cento identifica i campi con fatica o allergie.

Numeri che - sottolinea la Coldiretti - danno la cifra del profondo mutamento avvenuto negli ultimi dieci anni nel settore agricolo a seguito dall’approvazione della legge di orientamento (la numero 228 del 18 maggio 2001), fortemente sostenuta dalla Coldiretti, che ha di fatto rivoluzionato l’attività d’impresa nelle campagne italiane, dando il via ad esperienze innovative e alla proposta di nuovi servizi che hanno mutato il volto del settore e, conseguentemente, la considerazione dei cittadini.Sono stati allargati i confini dell’attività agricola: dalla semplice attività di coltivazione ed allevamento alla trasformazione aziendale dei prodotti e alla loro vendita in azienda o nei mercati degli agricoltori. Ma anche - spiega la Coldiretti - alla fornitura di servizi alla pubblica amministrazione come i contratti realizzati da molti comuni per la pulizia delle strade dalla neve attraverso l’uso dei trattori o la cura del verde pubblico che spesso viene affidata agli agricoltori. Per non parlare della nascita delle fattorie didattiche con le convenzioni con le scuole, ma anche degli agriasili e il prossimo arrivo del primo “agriospizio” realizzato da una giovane imprenditrice. Sono stati infatti soprattutto i giovani a cogliere le nuove opportunità. Un agricoltore puo’ produrre e vendere birra ottenuta dal suo orzo o produrre e vendere pane preparato dal proprio grano. In dieci anni - sottolinea la Coldiretti - sono raddoppiati gli agriturismi presenti che hanno superato le diciannovemila unità, sono nate 1.189 fattorie didattiche, decine di agriasili, ma sono 715 mercati degli agricoltori di campagna amica e oltre 63mila malghe, cantine, frantoi, cascine dove è possibile acquistare direttamente dai produttori agricoli.

Tutte opportunità scaturite - ricorda la Coldiretti - dalla modifica che la Legge di Orientamento ha apportato all'articolo 2135 del codice civile, che è stato sostituito dal seguente: "E' imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attivita': coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attivita' connesse… Si intendono comunque connesse le attivita', esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonche' le attivita' dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attivita' agricola esercitata, ivi comprese le attivita' di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalita' come definite dalla legge".

“Dalla legge di orientamento è nata una nuova idea di sviluppo che abbiamo trasferito in un progetto imprenditoriale concreto per “Una filiera agricola tutta italiana”, aprendo le porte ad un nuovo protagonismo agricolo nella società”, afferma il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel sottolineare che “un Paese come il nostro può ricominciare a crescere in un mercato globale se scommette su ciò che ha di unico ed esclusivo: il nostro buon cibo made in Italy, il nostro territorio, i nostri talenti e il nostro insuperabile genio creativo”.


domenica 24 luglio 2011

Biotech meglio degli Ogm: cosa sta cambiando?

Biotech meglio degli Ogm: cosa sta cambiando?

Negli ultimi 5 anni la fiducia verso le colture transgeniche si è progressivamente ridotta nei paesi dell’Ue: in Italia è passata del 42% del 2005 al 24% del 2010, in Spagna dal 53% dei consensi si è passati al 35%, in Portogallo dal 56% al 37%, in Francia dal 23% al 16%, e in Germania le percentuali sono rimaste all’incirca stabili ma con livelli bassi intorno al 22%. Questi valori mettono in luce come l’ingegneria genetica non rappresenti più una risposta positiva alle problematiche in campo agricolo. I dubbi sono ancora tanti e riguardano i rischi per la salute e l’impatto ambientale.

Sembra, dunque, che gli OGM non siano in grado di garantire un futuro agricolo sostenibile, cosa che, di contro, potrebbe assicurare la biotecnologia, che invece ha registrato un incremento in fiducia e investimenti. L’uso di tecniche tradizionali insieme ai nuovi saperi della scienza permettono una riduzione dei tempi di sviluppo delle nuove varietà di colture che potrebbero in futuro contribuire a migliorare la sostenibilità dell’agricoltura, producendo anche costi inferiori.

“Più si intensifica la biodiversità, più si produce economia e sviluppo. Potremmo nutrire due Indie se intensifichiamo la biodiversità in agricoltura”, ha detto, in video collegamento col seminario tenutosi a Milano via web promosso da Barilla Center for Food Nutrition (Bcfn), Vandana Shiva, attivista politica e ambientalista e direttore del Research Foundation for Science, Technology and Natural Resource Policy.


Fonte

domenica 10 luglio 2011

Agromafie: la Coldiretti denuncia le contraffazioni del made in Italy

Video: Agromafie: la Coldiretti denuncia le contraff.. (Guarda)
Ogni anno in Italia vengono importati 63 milioni di cosce di maiali dall’estero, mentre internamente ne vengono prodotte 26 milioni.  Ciò vuol dire che tre prosciutti su quattro vengono da maiali allevati all’estero, ma venduti come italiani. In generale, il 33% dei prodotti agroalimentari venduti in Italia ed esportati all’estero viene fatto con materie prime importate e rivendute col marchio Made in Italy, per questo la Coldiretti ha aperto il primo salone degli inganni a tavola, in cui denuncia ed espone le mozzarelle prodotte senza latte, il pomodoro cinese avariato, il miele prodotto con l’aggiunta illegale di zucchero, il prosciutto ottenuto da maiali olandesi e perfino il vino Chianti californiano.

Secondo Coldiretti, inoltre, una mozzarella su quattro non deriva direttamente dal latte ma da cagliate, un semilavorato industriale spesso importato dall’estero, oppure da polvere di caseina e formaggi fusi scaduti riciclati come commestibili e la situazione non migliora nel comparto vegetale dopo che nel 2010 sono stati importati ben 115 milioni di chili di concentrato di pomodoro, il 15% della produzione nazionale, destinati ad essere esportati come Made in Italy.



lunedì 30 maggio 2011

L’eco-agricoltura potrebbe raddoppiare la produzione di cibo nelle aree critiche entro 10 anni

Gli agricoltori locali su piccola scala nelle regioni critiche del pianeta potrebbero raddoppiare la produzione di alimenti in un decennio utilizzando metodi ecologici. È quanto afferma il rapporto* presentato l’8 marzo dal Relatore speciale Onu per il diritto al cibo Olivier De Schutter al Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani a Ginevra.
Dunque, la soluzione per migliorare le condizioni di vita dei più poveri – sulla base di un’analisi dei più recenti studi scientifici  - non è l’utilizzo di sementi Ogn né l’irrorazione dei campi con glifosato e altri potenti erbicidi o antiparassitari, ma uno spiccato cambio di rotta verso la “agroecology”
«Per nutrire 9 miliardi di persone nel 2050, dobbiamo adottare al più presto le più efficienti tecniche disponibili in agricoltura, sostiene Olivier De Schutter. E l’evidenza scientifica attuale dimostra che i metodi agro-ecologici superano di gran lunga i fertilizzanti chimici nell’incremento della produzione alimentare dove la fame è una realtà, soprattutto negli ambienti sfavorevoli».
Come? Anzitutto mediante l’accorto utilizzo di piante, alberi, animali e insetti che possono contribuire al miglioramento della produttività dei terreni e alla protezione dei raccolti dai parassiti. De Schutter conferma come «a oggi, i progetti agroecologici hanno mostrato un incremento medio dell’80% sui raccolti in 57 paesi in via di sviluppo, +116% in tutti i progetti africani. I progetti recentemente condotti in 20 paesi africani hanno dimostrato il raddoppio dei raccolti in un periodo che varia tra i 3 e i 10 anni. L’agricoltura convenzionale ha bisogno di risorse costose, contribuisce al cambiamento del clima ma non resiste agli shock climatici. Semplicemente, oggi non è più la migliore scelta da fare».
Il Malawi un paio d’anni fa ha ricevuto, sotto forma di aiuti, una massiccia fornitura di fertilizzanti chimici. Dopo un esito fallimentare, il paese ha avviato un programma di agroecologia grazie al quale i raccolti di mais sono aumentati da 1 a 2-3 tonnellate per ettaro, con immediato beneficio per oltre 1,3 milioni di persone al di sotto della soglia di povertà. Altri esempi citati nel rapporto riguardano progetti realizzati in Indonesia, Vietnam e Bangladesh, dove c'è stata una riduzione fino al 92% degli insetticidi utilizzati nella produzione di riso, con cospicui risparmi per gli agricoltori più poveri.
«La conoscenza è intervenuta a rimpiazzare antiparassitari e fertilizzanti. La scommessa è risultata vincente, e numerosi studi comparati la attestano in altri Paesi africani, asiatici e del Sud-America», annotano gli esperti indipendenti. «Questo approccio sta prendendo piede anche in paesi sviluppati come gli Usa, la Germania e la Francia, prosegue De Schutter. E tuttavia, a dispetto dell’impressionante potenziale di realizzare il diritto al cibo per tutti, l’agroecologia non è ancora sostenuta in modo sufficiente dalle ambiziose politiche pubbliche, e di conseguenza raramente va al di là della fase sperimentale».
Come già notato, il Relatore speciale Onu per il diritto al cibo non è solito limitarsi ad analisi e riflessioni astratte, né si distingue per la diplomazia. Ogni suo rapporto si conclude con una serie di raccomandazioni rivolte agli Stati membri delle Nazioni Unite. Anche in questo caso:
«L’agroecologia è un approccio intensivo sul piano della conoscenza. Richiede politiche pubbliche a supporto della ricerca in agricoltura e servizi diffusi di partecipazione ai lavori (sui territori). Gli Stati e i donatori hanno un ruolo cruciale in questo ambito, considerato che le società private non investiranno tempo e denaro in pratiche che non risultino remunerate dai brevetti e che non aprano i mercati a prodotti chimici o nuove sementi (Ogm, ndr)».
Il Relatore speciale si sofferma anche sull’esigenza di dare supporto alleorganizzazioni locali dei piccoli agricoltori, che hanno mostrato una grande capacità di divulgare le buone prassi agricole tra i loro membri. «Rafforzare le organizzazioni sociali ha un impatto paragonabile alla distribuzione di fertilizzanti. Gli agricoltori su piccola scala e gli scienziati possono creare insieme pratiche innovative assai efficaci. D’altra parte, conclude De Schutter, non risolveremo i problemi della fame né fermeremo il cambiamento del clima con l’agricoltura industriale su grandi piantagioni. La soluzione sta nel supporto alla conoscenza e alla sperimentazione dei piccoli agricoltori, permettendo loro di aumentare i loro redditi e preservare i territori rurali».


giovedì 7 aprile 2011

Coronata dal successo la partenza del corso di eco-agricoltura in Carso

Il perCorso di agricoltura ecologica sul Carso è partito col soffio d’entusiasmo di 50 persone partecipanti che tra sabato 26 marzo e sabato 2 aprile hanno animato l’iniziativa a Pliskovica. Anche qualche contadino del paese ha dato una mano nonchè il suo sostegno all’iniziativa.
Il perCorso è un’iniziativa di formazione pratica e incontro comunitario che ha il marchio di Čibo.Sì: Bora.La ne ha parlato diverse volte, mentre per altre informazioni potete andare sul sito ufficiale. Il perCorso durerà fino a fine ottobre per un ciclo totale di 11 lezioni di cui 10 lezioni sul campo ed è portata avanti da chi scrive questo articolo, vede come insegnante il contadino e naturalista Marco Valečič e, infine, va a ruota degliapprofondimenti su fattorie del territorio, coltivazioni e ricette pubblicati su Bora.La da Giacomo Cecotti.
Sabato 26 marzo, nella sala dell’unico e stupendo Ostello del Carso con sede a Pliskovica, l’insegnante del corso ha fornito indicazioni teoriche sul senso e la conoscenza che servono a coltivare la terra del Carso. La lezione teorica è stata seguita sabato 2 aprile dalla prima delle dieci lezioni pratiche, su uno dei campi prossimi al paese di fronte alla sagoma e ai boschi del Volnik – Lanaro. Come la prima lezione, anche questa ha visto la partecipazione di circa 50 triestini.
Nella lezione di sabato 2 aprile, gli undici gruppi partecipanti si sono cimentati per la prima volta con l’appezzamento di 150 metri quadri di terra che gestiranno come ‘training’ fino a fine ottobre. Sulla base delle istruzioni di Valečič hanno seminato e piantato piselli nani, cipolle e patate. Nei prossimi mesi sarà la volta di fagioli, zucche e grano saraceno.
Nei commenti sentiti dai partecipanti al perCorso, mi pare che tra le motivazioni a esserci ci sia, prima di tutto, la voglia di imparare a coltivare la terra. Poi, sparse e ricorrenti, ci sono la voglia di conoscere il Carso, di stare all’aria aperta in un luogo sano e, inoltre, l’idea che unire la città con la campagna sia qualcosa da realizzare anche in pratica con iniziative come questa.
«Fino alla seconda guerra mondiale, l’economia di Pliskovica e la vita dei suoi abitanti è sempre stata legata a Trieste», ha spiegato un anziano contadino del paese che non solo ha indugiato sui ricordi ma si è anche prodigato in un aiuto pratico e volontario per spiegare ai tanti triestini come si lavora la terra.
«Quand’ero bambino era normale portare cibo in città per scambiarlo con vestiti, o portare la legna del Volnik a Trieste per riceverne in cambio materiali da costruzione», ha continuato il signor Milan, suggerendo neanche troppo implicitamente che l’iniziativa sui campi di Pliskovica può fornire effetti benefici sia per la città che per la campagna del Litorale.
Come per gli studenti del perCorso, così per il signor Milan, non manca la convinzione che il cibo coltivato con metodi naturali abbia impatti importanti sia per la socialità che per la natura, che per la salute delle persone: «Tre patate coltivate da te sono meglio di sei patate coltivate dall’industria e che compri in supermarket», ha detto Milan. «Tako ti veš kaj ti ješ»: così sai cosa mangi.
L’iniziativa di agricoltura comunitaria di Čibo.Sì è nella scia di Londra, Parigi, New York e di tanti altri luoghi che tentano di superare alcuni difetti del sistema economico occidentale: quello dell’interesse dei cittadini per il territorio attorno a loro nonché per il cibo locale è una tendenza globale.
(Hvala za pomoč/ Grazie per l’aiuto: Matej Petelin, Paolo Ferluga, Giorgio Jannis, Laura Flores, Annarita Aiuto, Ettorina Rubino, Alice Pesiri, Poljanka Dolhar, Cristina Polselli, Nebojša Lončar, Enrico Marchetto come sempre e santo subito, Martino Stenta, Marco Pilia, Tom Ločniškar, Michele Rumiz e ovviamente Maruška Svašek)